Capitolo 1: Quel giorno non si dimentica
La giornata era iniziata come tante altre nel piccolo villaggio di Eldermoor. Il sole splendeva caldo e luminoso, filtrando tra le foglie degli alberi e illuminando le strade di terra battuta. I bambini correvano allegri, giocando tra risate e grida, mentre i genitori erano impegnati nelle faccende quotidiane. Steel, un ragazzino dai capelli rosso acceso e occhi grandi color ghiaccio, osservava tutto dalla finestra della sua modesta casetta, sognando un giorno di diventare un grande avventuriero come quelli di cui sentiva parlare nelle storie raccontate dai viaggiatori.

Quel mattino, però, l’atmosfera era stranamente silenziosa. Steel uscì di casa incuriosito, guardandosi intorno con una crescente sensazione di disagio. Gli abitanti sembravano inquieti, scambiandosi sguardi nervosi e bisbigli preoccupati.

"Steel!", lo chiamò improvvisamente sua madre dalla porta di casa, "entra subito, per favore!".
"Mamma, cosa succede? Perché tutti sono agitati?", chiese Steel, correndo verso di lei.
"Non lo sappiamo ancora", rispose lei con voce tremante, tirandolo dentro e sbarrando la porta dietro di loro. "Tuo padre è andato a verificare con gli altri uomini. Qualcosa non va, ma presto avremo notizie."
Steel annuì, ma il cuore gli batteva forte nel petto. Non aveva mai visto sua madre così spaventata. All’improvviso, un forte urlo proveniente dalla piazza centrale del villaggio spezzò il silenzio innaturale. Grida di panico seguirono immediatamente, facendo accapponare la pelle al ragazzo.

"Mamma!", gridò Steel, mentre sua madre lo abbracciava con forza. La porta venne scossa violentemente da un forte impatto, facendo sobbalzare entrambi.
"Nasconditi, Steel, adesso!", ordinò la donna con voce ferma, indicando una botola nascosta nel pavimento. "Veloce!". Poi raccolse i capelli e afferrò un robusto bastone.
Steel non voleva separarsi da sua madre, ma l’espressione determinata sul volto di lei non lasciava spazio ad alcuna protesta. Obbediente, si infilò sotto la botola, stringendo forte una piccola spada di legno che suo padre gli aveva costruito per gioco.

Dalla fessura tra le tavole riusciva a vedere poco, ma sentiva chiaramente i rumori terrificanti provenire dall’esterno: urla disperate, frastuoni metallici e suoni che ricordavano lamenti sovrumani. Improvvisamente, la porta cedette sotto la furia degli assalitori, e Steel vide sua madre arretrare terrorizzata mentre creature mostruose entravano, sbavando e ringhiando.

Erano mob, creature che solitamente rimanevano confinate all’interno dei dungeon. Non era possibile che fossero arrivate fin lì. Steel osservò impotente mentre sua madre cercava inutilmente di difendersi con un bastone. In pochi istanti, tutto finì. Steel soffocò un grido di dolore, serrando le mani fino a farle sanguinare contro il legno della spada.
Dopo quella che sembrò un’eternità, il silenzio tornò a regnare. Steel rimase nascosto, paralizzato dalla paura, fino a quando la porta della botola venne sollevata delicatamente.
"Ehi, ragazzo, vieni fuori", disse una voce roca e stanca. Steel alzò lo sguardo, incrociando gli occhi chiari e saggi di un anziano vestito con una vecchia armatura decorata di simboli misteriosi. L’uomo aveva una lunga barba bianca e portava sulla schiena una spada dall’aspetto potente.

"Chi sei?", chiese Steel, tremando.
"Un amico, ragazzo. Mi chiamo Eldrin, e ora sono qui per aiutarti", rispose l’uomo tendendogli la mano. "Purtroppo, gli altri non ce l'hanno fatta."
Steel uscì dal nascondiglio con cautela, guardandosi attorno con terrore. Le strade erano devastate, i corpi dei compaesani giacevano senza vita ovunque. Il ragazzo cadde in ginocchio, sopraffatto dall’orrore e dalla disperazione.
"Perché è successo questo?", chiese con voce rotta, le lacrime che gli rigavano le guance.

"Non lo so ancora", rispose Eldrin con una nota di dolore nella voce, "ma lo scopriremo insieme. Prometto che non ti lascerò solo."
L’anziano lo aiutò a rialzarsi e insieme iniziarono a camminare fuori dal villaggio distrutto. Mentre camminavano, Steel strinse forte la spada di legno, ora simbolo della sua perdita e della promessa fatta a se stesso: sarebbe diventato forte, avrebbe scoperto la verità e avrebbe fatto in modo che nessun altro dovesse vivere ciò che lui aveva vissuto.
Quel giorno segnò l’inizio della nuova vita di Steel, sotto la guida severa ma amorevole di Eldrin, il vecchio eremita che lo avrebbe formato, insegnandogli la forza della spada e la saggezza delle antiche divinità, preparandolo a un destino più grande di quanto lui stesso potesse immaginare.